L’export viaggia ma forse è arrivato a un bivio

Quello dell’industria italiana delle macchine tessili è un mercato che trova la sua consacrazione soprattutto al di fuori dei confini nazionali, dove i prodotti delle circa 300 aziende rappresentano l’eccellenza del settore ed hanno in tedeschi, giapponesi e svizzeri i principali concorrenti. Un settore che dà lavoro a 12.000 persone, quasi tutte tra centro e nord Italia, con una concentrazione (44%) di aziende in Lombardia (ovvero Bergamo, Como, Brescia e Alto Milanese) ed il resto dislocate nei distretti tessili di Prato e Biella; quasi sempre si tratta di piccole e medie aziende, se è vero che solo il 3% delle Associate ha un fatturato superiore ai 50 milioni di euro. Eppure il giro d’affari nel 2014 è stato pari a 2,323 miliardi di euro, 1,949 dei quali provenienti dalle vendite realizzate all’estero: cifre in leggera ma continua flessione e che nell’ultimo quinquiennio hanno avuto oscillazioni talvolta importanti (il picco nel 2011 con 2 miliardi e 713 milioni di produzione), anche per quanto riguarda l’export (2,172 miliardi nel 2011). In crescita invece del 13% nell’ultimo anno l’import, risalito anche rispetto al 2012.

Per capire dove e come le aziende italiane esportano e quindi a chi rivolgersi in questi giorni di ITMA bisogna guardare le tabelle (elaborate da Acimit) e scoprire che è l’Asia il continente dove finisce la maggior parte delle macchine a produzione italiana. Se l’export copre l’84% dei fatturati 2014 nel primo semestre del 2015 la sola Asia ha già importato il 44% di macchinari, con tutta l’Europa insieme che arriva al 38% (22% nell’Unione Europea e 16% extra UE); America Latina (7%), Nord America (6%) e Africa (5%) si dividono i resti. E’ ovviamente, per dimensioni e tipologie di lavori, la Cina il principale mercato del settore. E’ lì che l’export italiano ha totalizzato, nel primo semestre 2015, un valore di 137 milioni di euro (pari al 16% dell’export totale). Turchia, India e Bangladesh sono le altre destinazioni privilegiate dalle imprese italiane del settore, rispettivamente con 96, 66 e 51 milioni. La ‘top ten’ si completa con Germania (43 milioni), Usa (36), Pakistan (26), Portogallo (20), Francia (18) e Brasile (17).

ITMA 2015 arriva però in un momento in cui le economie mondiale stanno cercando di assestarsi su un nuovo equilibrio, anche se di difficile raggiungimento: la Cina non è più il colosso fagocitatore di risorse e idee di una volta e la crisi di metà anno ha aperto scenari ancora inesplorati. Come tutti i settori che basano su una precisa area molti dei propri profitti (un po’ come è successo per alcune aziende tessili in Russia) c’è il rischio di un forte rallentamento ed allora è bene pensare per tempo alle alternative, sempre in attesa che il mercato interno riprenda un po’ di vigore. Turchia e India assicurano comunque una dinamicità ancora elevata, soprattutto per quanto riguarda la prima, una delle realtà più vivaci del tessile mondiale in cui la qualità della produzione di tessuti è ampiamente superiore a quella della produzione di macchinari.

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