Piemonte nord-est

Como spera in un autunno migliore

L’Osservatorio Congiunturale sull’andamento delle aziende del distretto di Como e di quelli di Sondrio e Lecco ha visto in passato numeri migliori rispetto a quelli del primo semestre del 2019.

I dati delle imprese comasche sono in linea con quelli delle altre due realtà: domanda, attività produttiva e fatturato mostrano un rallentamento tendenziale del 2% e una modesta fase di ripresa congiunturale che interessa in modo particolare ordini e produzione (in media +0,6%) mentre nel caso del fatturato è riscontrabile una decelerazione (-1%).

La variazione congiunturale rispetto al 2018 è del 4,2% e disattende le previsioni che erano state formulate ad inizio anno dalle aziende di Como, indicanti in media +3,5%. Le previsioni per il periodo luglio-dicembre 2019 indicano la prosecuzione di una fase di ripresa, seppur a ritmi limitati, con domanda, attività produttiva e fatturato che dovrebbero crescere in media del 1,2%.

Le aziende di Como risultano comunque molto attive sui mercati internazionali, con una quota di export che rappresenta quasi il 40% del fatturato totale (39,5%). Il principale mercato si conferma essere l’Europa Occidentale, poi Est Europa, Stati Uniti, BRICS (2,7%), America Centro-Meridionale e l’Asia Occidentale (0,9%).

“I dati – spiega il presidente di Confindustria Como, Aram Manoukian – descrivono uno scenario che non possiamo ancora definire positivo. Alle luci di qualche segno più, infatti, si affiancano ancora altrettante ombre, in particolare per un dato importante come il fatturato per il quale è stato registrato un calo in provincia di Como. Ancora una volta, ad essere positive sono principalmente le aspettative per i prossimi mesi. Ma il rischio che tali aspettative siano disattese dai fatti è troppo elevato. D’altronde non possiamo dipendere unicamente dai mercati internazionali che, pur rappresentando uno degli asset strategici delle nostre imprese, presentano troppo spesso una volatilità e un’incertezza dovute a guerre commerciali, come quelle sui dazi, che ci costano troppo. Serve, quindi, una politica industriale espansiva, in grado di aumentare la domanda interna e la competitività delle nostre imprese e, soprattutto, di restituire quella fiducia che deve rappresentare la nostra ossessione in quanto è alla base di crescita e benessere”.

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