Prosegue fino al 30 maggio la mostra di “Palazzo Morando” intitolata “Settecento!”; allestimento col quale le due curatrici, le professoresse Enrica Morini e Margherita Rosina, ci conducono a scoprire come il gusto del secolo dei lumi possa contaminare la nostra contemporaneità.
Protagonisti assoluti della mostra meneghina sono tre abiti del XVIII secolo appartenuti ad una nobile famiglia gardesana e giunti sino a noi miracolosamente intatti, i quali, grazie allo spirito filantropico dell’associazione “Amichae”, sono stati donati allo storico museo milanese di costume, moda e immagine.
I tre indumenti sono foggiati ispirandosi ai dettami de “Robe à la Française” e “Robe à l’Anglaise”, stili che caratterizzarono la moda europea dagli anni 30 del XVIII secolo sino alla Rivoluzione Francese, declinati in varie configurazioni ma caratterizzati da corpetti steccati e gonne ampie.
I tessuti in cui sono realizzati non possono che suscitare ammirazione e interesse da parte di noi disegnatori per la perizia e l’ingegno con cui sono stati realizzati. Completamente prodotti in seta, hanno una riduzione finita apparente di circa 75/80 fili al cm e di poco inferiore in trama. La struttura dell’intreccio d’armatura è molto complessa, ma, semplificando, possono essere assimilati a tessuti doppia catena intrecciati con trame sia lanciate che spolinate.
Il percorso museale suggerisce come questo connubio fra charme e raffinatezza tecnica abbia influenzato le epoche successive sino ad approdare ai giorni nostri. Infatti, i tre abiti sono stati abbinati a generosi prestiti da parte degli archivi di Dolce&Gabbana, Fondazione Gianfranco Ferré, Max Mara, Versace e Vivienne Westwood, sottolineandone le suggestioni.
Appena conclusa invece al Brooklyn Museum (New York) la mostra “Christian Dior: Designer of Dreams”, in cui si ripercorrevano I 70 anni della Maison. La mostra ha posto in risalto sia lo stile iconico del fondatore, sia la cifra stilistica dei vari designer che si sono susseguiti come direttori artistici.
Oltre a sottolineare il connubio fra la maison francese e gli Stati Uniti, la mostra ha evidenziato come le idee pionieristiche di Christian Dior abbiano creato una rivoluzione nel mondo della moda del secondo dopoguerra, e come alcune di queste creazioni possano essere considerate una rivisitazione degli stilemi della moda settecentesca.
Farid Chenoune, storico della moda, sostiene che Dior è l’anti-Chanel e riprende il filo della moda del dopoguerra dove Madame Coco l’aveva interrotta. Si torna a bustier e corsetti che evidenziano le parti anatomiche del corpo, creando armoniche composizioni di vitino-glutei-seno che iperfemminizzano la silhouette e la propongono in maniera estremamente raffinata.
La mostra esemplifica molte delle silhouette leggendarie del couturier francese, tra cui le linee “Corolle”(la gonna modellata a corolla floreale) e “En Huit” (in cui si proponeva una sagomatura femminile a forma di 8) che debuttò nella collezione Haute Couture Primavera Estate 1947. All’ interno di questa linea emergeva Bar, un tailleur completo pomeridiano composto da una giacca shantung naturale écru e una gonna in “crepella” di lana a pieghe.
Lo “Shantung” è una stoffa che prende il nome dalla regione cinese ora identificata in “Shandong” nella quale viene prodotta la seta “doppione”, un filo grezzo, irregolare e di una qualità generalmente considerata inferiore perché più opaco e con una titolazione più grossolana che proviene dalla filatura di particolari bozzoli che ospitano più di una larva e che quindi secernono una doppia bava.
La “crepella” inoltre è un tessuto realizzato con un filo di lana dalla torsione aumentata ed intrecciato con un’armatura che accentua la mano croccante e scattante della stoffa. L’abbinamento era perfetto; due tessuti di natura diversa ma molto densi, adatti ad essere confezionati su un modello scolpito.
L’esercizio di stile del designer fu una giacca caratterizzata da una vita molto stretta, le spalle morbide e voluminose, il tutto ad accentuare la forma dei fianchi e uno scollo piuttosto aperto. La giacca Bar fu certamente il punto focale della collezione e La stampa individuò un nuovo modo di vivere l’abbigliamento.
Sul numero del 12 febbraio ’47 Carmel Snow, redattrice capo di Harper’s Bazaar, scrisse: “Caro Christian, i vostri abiti lasciano intendere una specie di new look!”. Parola magica e consacrativa che conteneva lo sciame delle icone femminili settecentesche di Dior e che caratterizzo la moda per oltre un decennio.
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