Terminati gli appuntamenti stagionali fieristici con la presentazione delle collezioni tessuti 23/24, noi disegnatori tessili abbiamo l’impegno di iniziare la riflessione su quali saranno i temi forti che ci condurranno allo sviluppo della campagna seguente. In questo impetuoso susseguirsi di stagioni, l’obiettivo è arrivare preparati alla presentazione “Summer 24” per una Milano Unica già prevista a fine gennaio 2023.
Come anticipare e presagire la tendenza prevista per un così lontano futuro?
Oltre a tutte le alchimie di archivio e di invenzione di cui i disegnatori devono saper disporre, una buona fonte di informazione può scaturire dall’ipotetica evoluzione che potranno subire le tendenze presenti nella stagione precedente.
Singolarità nella trasversalità. Una delle idee forti della tendenza presentata nell’edizione appena conclusa di “Milano Unica” è stato “Seasonless”. A mio avviso, più che una tendenza sarà un modello di business che rimarrà in auge per molti anni. Ciò non significa avere una collezione con all’interno di tutto un po’, dalla tela di lino allo shetland cardato, dove si buttano sul tavolo i tipi di qualità e il buyer sceglie cosa vuole. Progettare una collezione A-stagionale, come scritto sullo sfogliabile de “La Spola” presentato alle fiere, dovrebbe significare presentare numerose “Capsule” con temi ben specifici da fare evolvere stagione dopo stagione con un indirizzo preciso ed un’elevata customizzazione. Storie di stoffa che coniugano mission aziendale, elementi disponibili in fabbrica e target identificato nel mercato.
Per una moda esistenziale e minimale. Altra tendenza fortemente sottolineata nei forum delle ultime stagioni è stato il concetto di Opulenza. Nell’ultima fall/winter 23/24 si sottolineavano gli stilemi di un’estetica doviziosa che traeva le sue origini da un mondo ridondante e si rifletteva matericamente in una ridda di filati gonfi, ricchi di paillettes, effetti dorati e argentati, piume e fake fours colorate. Le ispirazioni provenivano dal mondo del barocco che, oltre a rappresentare il corrispondente momento estetico, portano con sé il significato più nascosto della parola che allude ad un qualche cosa di sovraccarico di accessori, appariscenza e sfarzo che si connota come “eccessivo”. Questa tendenza era già stata definita quando nei forum di Milano Unica si parlò di “Passioni sociali del Natale” (vedi La Carta Tecnica – Le “Magnifiche Passioni” di Milano Unica – luglio 2021). Tutto ciò coniugato con disegnature anni ‘70, in cui la concezione di “gusto personale” e di “libera scelta estetica” avevano caratterizzato un decennio ricco di mix esagerati e stile stravagante. L’evoluzione futura di tutto quanto detto, dovrebbe essere maggiormente assimilabile a ciò che è stato visto nelle collezioni uomo alla Fortezza da Basso, il tempio del grande stile italiano maschile, in un total look che appare solo apparentemente disinvolto ma che implica in realtà abilità sartoriale, tessuti sofisticati e gusto scrupoloso.
Performare naturalmente. Altri concetti molto presenti nei forecast delle ultime stagioni erano rappresentati dalla commistione di elementi estranei, del reale con il virtuale, l’urban life con la vita all’aria aperta e l’incontro fra gli opposti. Il concetto stesso di “Naturale” era stato molto vitaminizzato rischiando di non ritrovarne più la sua matrice autentica. Queste commistioni sono pienamente rappresentate nella tendenza transmediale conosciuta come “Korean Wave” o “Hallyu”: l’onda k-pop protagonista della musica mondiale giunto a noi attraverso la popolarità della boyband BTS, dall’affermazione agli Oscar da parte del film “Parasite”, dalla serie di culto “Squid Game”. In questo concept di importazione orientale, la moda è contaminata da elementi autoctoni e grandi marchi europei, in cui ogni oggetto ha la necessità di essere il più possibile istagrammabile tanto che le componenti del gruppo pop Blackpink sono divenute testimonial di altrettante maison: Lisa per Celine, Jisoo per Dior, Rosé per Saint Laurent e Jennie per Chanel.
È auspicabile che, con capofila il filosofo stilista Brunello Cucinelli, il “wear” del prossimo futuro debba essere leggero, monocromatico, pulito con una struttura apparentemente semplice e visivamente discreta, un’estetica di classe che necessita di molta riflessione per raggiungerla, e che metta (apparentemente) in secondo piano decori, frivolezze, effervescenze stilistiche.
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