“Chissà che ambiente troverete” è una delle frasi più comuni dette a chi parte per la Turchia del post terremoto, anche se volare a Istanbul significa rimanere a centinaia e centinaia di chilometri di distanza dall’epicentro e dal confine con la Siria.
In realtà l’apparenza è quella di una città e una nazione identiche a quelle viste in occasione di altre fiere: attività frenetica, traffico al di sopra del limite di sopportazione per chi non ama stare in coda, turisti che arrivano al nuovo e modernissimo aeroporto pronti per il tour a cavallo tra Europa e Asia.
Ed anche Texhbition, giunto alla sua terza edizione, non sfugge a questo quadro di apparenza: coda all’ingresso già prima dell’apertura, colori e luci nelle tre hall occupate dal salone, volti sorridenti ed estrema gentilezza da parte di tutti. In questo caso però l’apparenza forse non inganna ma certamente nasconde il dolore della tragedia che ha colpito Turchia e Siria.
Il 30% delle aziende dell’indotto tessile turco ha infatti sede nella regione colpita dal sisma e già a Première Vision molti turchi avevano deciso di rientrare in patria all’indomani delle scosse e della distruzione; a distanza di un mese la paura non è certo passata e in più c’è la consapevolezza dei numeri delle vittime, che cozzano con quelli dell’industria tessile turca, che dei 13 miliardi di dollari di valore della produzione ne vede arrivare 3,5 dalla zona di Gaziantep.
“Le aziende internazionali adesso comprano non solo per necessità di lavoro ma anche per dare un supporto materiale a queste aziende” raccontano a Texhibition e la gara di solidarietà è fatta anche di donazioni, denaro e materiale per la vita di tutti i giorni. La quota di tessile che manca e mancherà nei prossimi mesi o anni a causa delle aziende distrutte sarà coperta dalle importazioni da Cina, Hong Kong e India.
Freddi numeri che trovano un contorno di dolore e grande orgoglio nello stand di una della cinquantina di aziende danneggiate ma comunque presenti in fiera, Iskur: “Il proprietario ha perso tutta la famiglie e si è salvato solo perché era a Istanbul – racconta la giovane responsabile del marketing Leyli Rozyyeva con evidente commozione – e nel terremoto sono morti anche 32 colleghi. Uno dei nostri stabilimenti, quello dei filati, è crollato e si è incendiato, dovremo ricostruirlo con lavori che dureranno da sei mesi a un anno. I clienti ci hanno mostrato solidarietà aumentando gli ordini e inviandoci materiale e lo fanno non tanto per una questione di denaro quanto di dimostrazione di vicinanza”.
L’azienda, una delle principali in Turchia anche nel settore del denim, è in fiera anche per dare un segnale, che pare essere stato recepito anche dai buyers e dai visitatori di Texhibition, presenti in buon numero nel giorno di apertura.