Il discorso comunicativo di Chiara Ferragni

di Rossano Bisio

Spenti i riflettori sul palco di San Remo e placate le innumerevoli polemiche che ne sono seguite, è arrivato il tempo di un’analisi di ciò che si è visto a livello di tendenze moda. Inutile negare che a un addetto ai lavori, attento ai fenomeni di tendenza, il festival della canzone non può passare inosservato; sulla ripida scalinata che dà accesso al palco scendono i curatissimi e studiatissimi outfit di molti top brand.

La mia riflessione vorrebbe focalizzarsi sul discorso comunicativo di Chiara Ferragni, cercare di esplorare ciò che ci ha voluto dire attraverso il lavoro delle maison Dior e Schiaparelli, mantenendosi rigorosamente distanti da ogni polemica che ha provocato con i discorsi verbali. Per fare ciò è necessario tentare di entrare nel sofisticato meccanismo di codifica e decodifica del prodotto comunicativo allestito dall’ influencer milanese.

Necessario dotarsi degli strumenti che consentono l’ interpretazione dei codici di tipo narrativo, incapsulati nei look che si sono susseguiti durante le due serate di presenza. Infatti, il compito della comunicazione di Chiara Ferragni è, ed è stato, quello di impacchettare nel migliore dei modi una retorica discorsiva che gli addetti hanno il compito di decodificare ad un livello più profondo rispetto quello del significato del linguaggio verbale.

La prima uscita, quella della stola “Pensati Libera” è stata senz’altro sensazionale e ha creato un cortocircuito di interpretazioni. Maria Grazia Chiuri, prima direttrice artistica nella storia di Dior ha realizzato un abito di raso nero riprendendo lo stile “a Corolla”, uno dei più significativi della rivoluzione del New Look attuata da Christian Dior alla fine degli anni 40.

Ma che cos’è era il “New Look” se non l’ iper-femminilizzazione delle forme? Le silhouette di quell’ epoca erano caratterizzate dall’ enfatizzazione di busto e fianchi attraverso la realizzazione di una vita da vespa, petto modellato e alto, fianchi rotondi con gonna ampia che scendeva sotto il polpaccio. Una rivisitazione di uno stile che era stato archiviato da Mademoiselle Chanel assieme a stecche di balena, guêpière, stringi vita e metri e metri di tessuto delle gonne lunghe plissettate di fine Ottocento.

Il New Look ebbe un enorme successo ma suscitò infinite polemiche; venne considerato offensivo verso la donna, quasi un invito agli stereotipi sociali ottocenteschi. “Pensati Libera” è andata proprio agire su questo meccanismo interpretativo, per alcuni aspetti ossimorico, che è uno dei segni più importanti della moda degli ultimi anni, rafforzato ancor di più dall’ ultima uscita della prima serata in cui Chiara Ferragni si è liberata da una gonna di tulle sorretta da una sorta di gabbia di crinolina ispirata alle opere di Jana Sterback.

L’artista ceca, nel 1989 realizzò una struttura di alluminio simile ad una gigantesca gonna, montata su ruote semoventi e governata tramite telecomando da una seconda persona, segno di perdita di controllo sui propri movimenti, e in ultima analisi, sulla propria essenza di donna. Chiara Ferragni, liberandosi della struttura gonna/gabbia/crinolina, ha enfatizzato questo gesto di liberazione.

La seconda serata, dedicata alla maison Schiaparelli, è stata se possibile ancor più iconica. Meno conosciuta al grande pubblico rispetto a Dior, Schiaparelli fin dall’ inizio è stata una maison legata a doppio filo al mondo dell’ arte, in modo particolare sono da sottolineare le interazioni di Elsa Schiaparelli con grandi surrealisti quali Jean Cocteau, Salvador Dalì, Man Ray e Marcel Duchamp.

Daniel Roseberry, direttore creativo della maison, ricco di idee spiazzanti e innovative ha creato un fil rouge fra surrealismo, stile originario della maison, le recenti sfilate e i look di Chiara Ferragni. Un’armatura oro scolpita sul busto della influencer abbinata ad una sottoveste in celeste satin, simbolo di sacralità e maternità, rappresentano senz’altro la perfetta continuazione degli abiti realizzati da Elsa, come il “Lobster Dress”, ricco di significati simbolici e considerato un manifesto femminista ante-litteram.

Altri chiari riferimenti alle origini della maison Schiaparelli sono stati il long dress in velluto con scollatura vertiginosa e collana rappresentante parti dell’ apparato riproduttivo femminile (simile a gioielli già visti sulle ultime passerelle di Schiaparelli) e il corsetto con ricamate perle a forma di addominali, richiamo all’ iconico “Skeleton Dress”, realizzato dalla stilista in collaborazione con Salvador Dalì.

Tutti ottimi spunti per arricchire e stimolare la fantasia dei creativi.

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